A TUTTE LE STRUTTURE L O R O S E D I Roma, 9 novembre 2018 Prot. 238.18/LR/lr All.to 1 OGGETTO: Decreto dignità – circolare interpretativa del Ministero del lavoro Carissimi, vi inviamo la Circolare n. 17 del 31 ottobre scorso con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali fornisce alcune prime interpretazioni relative al nuovo regime dei contratti a termine e della somministrazione a termine stabilito dal decreto legge 12.7.2018 n. 87 convertito in legge 9.8.2018 n. 96 (c.d. Decreto dignità). Sottolineiamo che solo alcune delle nostre richieste sono state accolte, e soprattutto è mancata una interlocuzione diretta con il Ministero. Segnaliamo di seguito le principali indicazioni fornite dalla circolare, che non sempre offre i chiarimenti necessari ed in più punti fornisce soluzioni restrittive, rinviando per il resto alla lettura diretta. Contratto a termine Va innanzitutto rilevato che, rispetto al testo di legge, viene operata una lettura restrittiva circa la necessità di indicare la causale in caso di proroga: si sostiene infatti che essa va indicata anche quando il contratto da prorogare abbia durata inferiore a 12 mesi ma la supererà sommando il periodo di proroga. Quindi la causale è necessaria anche quando il superamento dei 12 mesi avviene a seguito di proroga di un contratto originariamente inferiore a 12 mesi. Inoltre la circolare specifica che la causale è obbligatoria anche per stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi, presso le sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Infatti tale contratto è da considerarsi un rinnovo, e dunque è soggetto a causale. La circolare precisa, opportunamente, che le previsioni contenute nei contratti collettivi stipulati prima dell’entrata in vigore del “Decreto dignità” che abbiano previsto una durata massima dei contratti a termine pari o superiore ai 36 mesi, mantengono la loro validità fino alla naturale scadenza dell’accordo collettivo. D’altro lato la circolare, con scarsa linearità rispetto a quanto appena affermato, specifica che il decreto non ha attribuito alla contrattazione collettiva alcuna facoltà di intervenire sul “nuovo regime” delle causali. Pur non potendo la contrattazione collettiva aggiungere ulteriori causali, ciò non significa, a nostro avviso, che la stessa, specie a livello aziendale, non possa specificare i termini generici delle causali di legge (ad esempio cosa debba intendersi per “incrementi significativi”). Viene poi esclusa la possibilità, non essendo esplicitamente prevista dalla nuova normativa, di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza. Resta invece ferma la possibilità che il termine possa desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo al contratto, come nel caso di una sostituzione per maternità in cui non è possibile conoscere anticipatamente l’esatta data di rientro al lavoro, sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi. Somministrazione di lavoro a termine La circolare stabilisce che i lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore potranno essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando i limiti percentuali di cui all’art.31 del dlgs 81/115, vale a dire il 20% se trattasi di lavoratori inviati in missione a tempo indeterminato o il 30% se trattasi di lavoratori inviati in missione a tempo determinato. Si tratta di una lettura che, se da un lato, positivamente, incoraggia le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle Agenzie del lavoro, dall’altro rappresenta una forzatura del testo di legge, il quale statuisce, in caso di ricorso alla somministrazione a tempo determinato, l’obbligo di indicare le causali ad esclusivo carico dell’utilizzatore, senza distinguere in base alla tipologia di rapporto instaurato tra agenzie e lavoratore. La circolare afferma che la nuova legge (art. 34, comma 2) ha lasciato ferma la possibilità, per la contrattazione collettiva del settore della somministrazione, di disciplinare” il regime delle proroghe e della loro durata”, ma ciò non chiarisce del tutto la portata del possibile intervento della contrattazione collettiva, se cioè essa possa intervenire sia sul numero di proroghe sia sulla durata complessiva del rapporto di lavoro a termine tra agenzia e lavoratore, come a noi sembrerebbe legittimo e plausibile dalla lettura della legge. Tale interpretazione si può peraltro ricavare anche dall’ incipit dell’art. 19, comma 2, che fa salve le diverse previsioni dei contratti collettivi relativamente alla durata massima, norma ora applicabile anche al contratto a termine che lega il lavoratore all’agenzia fornitrice. Non di agevole lettura è la parte della circolare che tende a esplicitare come, appunto, il decreto “dignità” abbia esteso il regime del contratto a termine al contratto di lavoro nell’ambito della somministrazione a termine. Ai sensi dall’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 81/2015, il rispetto del limite massimo di 24 mesi - ovvero quello diverso fissato dalla contrattazione collettiva- riguarda sia i contratti a termine che i periodi di missione presso l’utilizzatore. A nostro avviso se ne può ricavare che, raggiunto tale limite, anche mediante soli periodi di missione, “il datore di lavoro” (da intendersi come l’utilizzatore) non potrà più ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato con lo stesso lavoratore per svolgere mansioni di pari livello e della medesima categoria legale. E’ da ritenere invece, che l’Agenzia di somministrazione possa impiegare il lavoratore presso diversi utilizzatori, senza obbligo di specificare le causali, fermo restando il limite massimo di 24 mesi, derogabile peraltro attraverso la contrattazione collettiva. Infine, ancora sul limite di durata, si chiarisce che il computo dei 24 mesi di lavoro deve tenere conto di tutti “i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione” (forse meglio, “di tutti i periodi di missione”) intercorsi tra le parti, ivi compresi quelli “antecedenti” alla data di entrata in vigore della riforma. Si tratta di una interpretazione particolarmente restrittiva, peraltro non fornita nella parte della circolare riferita ai contratti a termine, che non pone alcun limite temporale retroattivo, con l’effetto che anche periodi di lavoro lontani nel tempo dovranno essere computati ai fini del raggiungimento dei 24 mesi (creando in tal modo notevole incertezza). La circolare fornisce poi interpretazioni restrittive anche per quanto riguarda l’obbligo di causali, che vengono ritenute necessarie sia quando un periodo di missione a termine segua un precedente contratto a termine, anche se di durata inferiore a 12 mesi, sia nel caso il contratto a termine segua un periodo di missione fino a 12 mesi, in quanto il secondo contratto è assimilabile ad un rinnovo. Quanto ai limiti quantitativi , la circolare stabilisce che i ccnl previgenti mantengono al loro validità fino alla naturale scadenza, sia con riferimento ai limiti quantitativi riferiti al contratto a tempo determinato sia a quelli fissati per il ricorso alla somministrazione a termine, per cui i contratti in corso possono continuare fino alla loro iniziale scadenza pur se si supera la nuova percentuale del 30%, ma non sarà possibile effettuare nuove assunzioni né proroghe per i rapporti in corso fino a quando il datore di lavoro o l’utilizzatore non rientri entro i nuovi limiti. Infine viene positivamente chiarito, come da noi chiesto , che il periodo transitorio stabilito per i contratti a termine fino al 31 ottobre 2018, trovi applicazione, in base ad una lettura sistematica, anche con riferimento ai rapporti di lavoro nell’ambito della somministrazione a termine. Affettuosi saluti. Il Segretario Generale Aggiunto Cisl Nazionale Luigi Sbarra
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